maggio 11, 2010

3.2 Il modello SECI e sua formalizzazione: la creazione di conoscenza organizzativa

Come anticipato prima, la conoscenza esplicita, nel momento in cui esce dalla testa di chi la possiede, diventa informazione; ridiventa conoscenza nel momento in cui la si reinserisce nel proprio contesto interpretativo.

Bisogna usare la gestione dell’informazione perché l’informazione è veicolo di conoscenza; ma bisogna cercare di colmare il gap che c'è tra essere conoscenza e essere solo veicolo di conoscenza. Il problema oggi non è trovare informazione, ma trasformarla con appositi strumenti in conoscenza, perchè di informazioni ce ne sono innumerevoli.

A partire da questi concetti, Ikujiro Nonaka e Hirotaka Takeuchi hanno cercato, grazie a esperienze dirette nelle aziende, di dare una struttura a questo processo, per aiutare le aziende dal punto di vista organizzativo a favorire i passaggi di questo processo (fare in modo che la conoscenza sia generata in modo ricco nelle organizzazioni). Questo serve anche come punto di riferimento per capire in quali fasi di questo processo la tecnologia può aiutare; la scomposizione in diverse fasi può aiutare a collocare in una visione più limitata.

Questo modello (SECI, chiamato anche modello a spirale), realizzato da Nonaka e Takeuchi, è formato da quattro fasi, caratterizzate dal tipo di trasformazione e di elaborazione a seconda dei tipi di conoscenza (T = tacita, E = esplicita), nell’ambito di T ed E singolarmente e dei passaggi da T a E e da E a T.

o Socializzazione

o Esternalizzazione

o Combinazione

o Internalizzazione

La generazione di conoscenza è come un processo a spirale che continua a passare per queste quattro fasi, ed è possibile effettuare molti di questi passaggi.

Queste trasformazioni vengono chiamate conversion; ogni quadrato è una conversion, (da T a T ad esempio, o da T a E).

Se è vero che ciascuno di questi quadranti caratterizza una trasformazione, la prima cosa che ci si può chiedere è cosa succede nella conversione tra T ed E: si formalizza qualcosa, e si perde anche qualcos’altro (come nella conversione tra analogico e digitale). La seconda domanda può essere se questo modello SECI, che dà un ordine di lettura, è proprio necessario; oppure, dato che la ciclicità implica un ordine, c’è sempre una fase attiva per volta? La risposta a queste domande non è esplicitata nel testo di Nonaka e Takeuchi.

Le quattro fasi possono essere così sintetizzate:

§ Socializzazione: ha lo scopo di trasferire conoscenza tacita all’interno di relazioni sociali

a. converte o trasforma conoscenza T in conoscenza T (siamo nel dominio della conoscenza T)

b. costruisce un orizzonte comune, uno sfondo rispetto al quale posso iniziare a dialogare e costruire qualcosa con gli altri; si creano dei presupposti di conoscenza reciproca, condividendo esperienze

c. ci sono individui che socializzando mettono in comune, si trasmettono conoscenza T

d. è una fase sociale (e non individuale); si applica a persone che inizialmente non si conoscono; nel secondo giro poi ci sarà già un orizzonte comune.

e. gli strumenti che si possono usare per favorire questa comunicazione sono:

§ Il dialogo

§ La narrazione (il raccontare esperienze): attualmente inizia ad essere presa come elemento importante nell'interazione uomo-macchina, perché lega elementi cognitivi con un filo logico partecipando alla costruzione di un orizzonte comune. Si parla molto di narrative interfaces, che cercano di proporre contenuti (WEB) che raccontino delle storie; la narrazione rende esplicito il punto di vista da cui racconto una storia.

§ Le tecnologie aiutano soprattutto nei casi in cui le persone non siano collocate nello stesso luogo. Quello che si perde è il linguaggio non verbale, l’espressività: la tecnologia favorisce la comunicazione, ma la rende più povera

§ Le occasioni di incontro, meeting; un’azienda deve realizzare spazi e momenti che favoriscano la socializzazione. Ci sono interessanti tecnologie legate ai tavoli interattivi, che consentono di scambiare esperienze con la gestualità.

Questa fase è fondamentale per poter poi procedere con le altre fasi.

§ Esternalizzazione: l’individuo viene estratto dal gruppo sociale in cui vive ed esternalizza la sua conoscenza, decidendo cosa esternalizzare e come. Nella prosecuzione del processo l’efficacia dell’esternalizzazione può essere più alta o più basso, ma durante il processo non vi sono criteri di valutazione.

o Trasforma la conoscenza T in conoscenza E

o È una fase prevalentemente individuale, perché la conoscenza T è posseduta dall’individuo, ed è l’individuo che può esternalizzarla

o Il linguaggio (es. naturale, grafico, tecnico formale e logico (il linguaggio informatico: progettazione, programmazione), multimediale, etc.)

§ Gioca un ruolo estremamente importante, perché consente di avere la rappresentazione, che possiamo pensare essere l’informazione che viene oggettivata

§ Comprende tutti i possibili linguaggi che si possono usare per esternalizzare la propria conoscenza T

§ I linguaggi possono essere memorizzati così come la rappresentazione può essere memorizzata attraverso un supporto

§ Un linguaggio può essere ambiguo, troppo sottospecificato per essere compreso (ad esempio grafi in cui non vi è la spiegazione del significato degli archi)

Ci sono forme linguistiche che possono essere utili per supportare l’esternalizzazione:

I. metafore: sono l’uso di un linguaggio (termini, concetti, relazioni) di un dominio per dare l’idea di un oggetto di un altro dominio (potere evocativo). Ad esempio, per esternalizzare il concetto di organizzazione, si può dire che sia una macchina o un organismo; quindi se parliamo di una macchina possiamo dare una visione meccanicistica, fatta di componenti che si sincronizzano e lavorano insieme, mentre se parlo di un organismo è qualcosa di armonico, meno distinto in componenti. La metafora serve per dare ordine alla mia descrizione: essa può essere usata anche nella socializzazione.

II. analogie: è il momento in cui la metafora viene raffinata, messa alla prova, perché si verifica che quello che era un’intuizione a livello metaforico stia effettivamente in piedi (che ci sia la possibilità di descrivere aspetti veri attraverso la metafora); l’analogia è una metafora che viene validata nelle sue capacità di descrivere in dettaglio un oggetto. L’analogia è una sorta di controllo sul fatto che io abbia usato uno strumento linguistico che rappresenta quello che si vuole.

Quindi si parte da una visione metaforica, si passa attraverso l’analogia, e poi si usa uno di questi linguaggi (magari anche formalizzato) per precisare maggiormente i vari aspetti.

Tutta la ricchezza della linguistica può esser messa in gioco per arrivare a descrizioni, se serve, fino ad arrivare a linguaggi formalizzati e precisi come i linguaggi di programmazione.

Nell’ambito dei linguaggi formali, domande del tipo "qual è il ruolo della formalizzazione?", "è sempre necessaria o utile?", "cosa significa di preciso?" non hanno risposte univocamente definite.

L’esternalizzazione è una fase prevalentemente individuale, perché la conoscenza tacita è nella mente delle persone ed è l’individuo che può operare questa trasformazione. Il contributo di partenza è un contributo individuale: si dà prevalenza al carattere individuale, anche se la caratterizzazione individuale dell’esternalizzazione potrebbe non essere cosi netta.

L’esternalizzazione ha anche, in parte, una connotazione sociale, data dal confronto dei punti di vista individuali, meno ontologica ma più accessoria; si parla di socializzazione intesa come confronto di rappresentazioni. Queste rappresentazioni, che sono frutto dell’individuo, possono essere riferite a una conoscenza individuale che proprio per la definizione di processo sociale fa sì che avvenga il confronto di punti di vista individuali. Da una parte il confronto può aiutare una persona ad elaborare di più, e dall’altra generare un confronto tra punti di vista diversi che devono tendere verso una dialettica di giustificazione. Non è detto che uno vinca sugli altri, ci possono essere diversi punti di vista validi.

Nonaka non dà nessuna risposta in merito al livello di formalizzazione; essa va trattata con molta attenzione, in quanto fornisce informazioni per chi è esperto del dominio, ma può rappresentare una barriera per chi invece non lo è.

Proprio in questo confronto possiamo trovare una prima risposta: un’eccessiva formalizzazione può essere un ostacolo al confronto, alla discussione, all’identificazione di qualcosa che è socialmente giustificabile. A volte una minore formalizzazione può essere un vantaggio, perché favorisce la comunicazione; in un secondo momento si può poi cercare di formalizzare meglio.

Quindi partendo da un gruppo di persone che non si conosce, che non condivide nulla, abbiamo la socializzazione come base, che crea il contesto in cui può avvenire il confronto, e l’esternalizzazione che crea delle rappresentazioni che devono essere discusse e confrontate.

Queste conoscenze esplicite non sono tutte provenienti dallo stesso gruppo, ma sono accessibili a chiunque.

3. Combinazione: può essere vista come una manipolazione di informazioni, una composizione, della conoscenza esplicita. Concetti che possono essere oggetto di combinazione sono:

- l'integrazione

- la standardizzazione

- la correzione (intesa come aumento della qualità)

- la traduzione

- la classificazione

- la clusterizzazione (costruire insiemi con criteri di omogeneità)

- la strutturazione

- l'ordinamento

- etc.

Nel dominio delle discipline dell’informatica che si occupano di gestione della conoscenza, e information retrieval, usiamo le tecniche che l’informatica mette a disposizione; è necessario fare attenzione che queste tecnologie siano monitorate attentamente, perché i concetti in questione sono tutt'altro che semplici. Nessuna tecnica ormai è fatta in modo totalmente automatico, sono sistemi più o meno interattivi, che danno un aiuto e un sostegno, ma la supervisione umana è quasi sempre indispensabile.

La combinazione ha una caratteristica di socialità derivante dal fatto che si prendono diverse fonti o rappresentazioni per combinare, in base agli scopi che si vogliono ottenere. E' vero che si possono combinare anche solo le proprie conoscenze, ma lo scopo è quello di condividerle e renderle disponibili.

Anche diversi criteri di ordinamento sono combinazioni, perché offrono punti di vista diversi sullo stesso insieme di informazioni. L’idea è prendere un punto di vista e rileggere le stesse cose da altri punti di vista.

4. Internalizzazione: in questa fase si acquisisce conoscenza esplicita, possibilmente combinata, e la si trasforma in conoscenza tacita; questo vuol dire che bisnogna prendere i contenuti e l’eventuale conoscenza tacita che questi implicano, e inserirli organicamente nella conoscenza tacita posseduta. Diventa un’azione profondamente individuale perché la conoscenza tacita è nella conoscenza degli individui. Allo stesso modo possiamo dire che questa internalizzazione può avvalersi anche del confronto di alcuni elementi di socialità con gli altri.

È una fase di apprendimento, perchè questo in genere ha una fase individuale in cui si deve capire se quello che si è acquisito e condiviso è parte organica della propria conoscenza tacita; si deve riuscire a ricostruire un insieme di concetti e relazioni tra concetti che si allarga e si amplia, ma che resti coerente.

Un modo con cui la fase di apprendimento diventa molto proficua è il learning by doing; si reputa importante per aumentare la capacità di internalizzazione della conoscenza costruire intorno alla conoscenza esplicita un livello di esperienza che mi porta a recuperare la mia conoscenza tacita e ad ampliarla.

Dal punto di vista individuale, questo ciclo è un arricchimento; dopo aver 'internalizzato' si è pronti per ricominciare a risocializzare la propria conoscenza tacita e ripartire per il ciclo successivo.


Le fasi di socializzazione e combinazione sono, dunque, l’integrazione di conoscenza tacita ed esplicita, quindi c’è un arricchimento per composizione. Le altre due fasi (di esternalizzazione e internalizzazione) fanno riferimento alla conoscenza esplicita che diventa tacita.
Nel passaggio da tacito a esplicito si perde qualcosa, perché la conoscenza tacita non passa da quella esplicita. La combinazione supporta l’operazione, ma è l’internalizzazione che compensa, sulla base della composizione di conoscenze, quello che può essere stato perso precedentemente. Quando si socializza nuovamente si ricombinano le cose. Quindi, complessivamente, quella conoscenza viene rimessa in circolo nel ciclo successivo.

Caratterizzazione delle quattro trasformazioni:

· T -> T crea un campo (background) comune di comunicazione

· T -> E individua dei concetti, crea consenso, motivazione; si parla di concetti e relazioni, conoscenza concettuale, bisogna trovare un linguaggio per esprimere la conoscenza

· E -> E crea un sistema di conoscenze

· E -> T viene chiamata conoscenza operativa: vuol dire che l’internalizzazione ha successo quando la conoscenza può essere messa in gioco, quando siamo in grado di applicarla, quando diventa uno strumento operativo, e non solo un accesso interiorizzato.

La spirale, vista all’interno di una struttura organizzativa, può espandersi; questi meccanismi possono avvenire non solo tra individuo e gruppo, ma anche attraverso gruppi dell’organizzazione, e anche tra reti di organizzazioni. Nonaka pensa che questo modello possa applicarsi anche in queste condizioni, sempre partendo dal presupposto che la condivisione e generazione di conoscenza a tutti i livelli sia un aspetto positivo; non spiega però come avvenga questo meccanismo.

Questo è il contributo più debole di Nonaka, perché non caratterizza molto bene neanche cosa si intende per gruppo, e quali gruppi vadano bene; questo punto non viene approfondito.

Negli anni ’90 c’è stato un contributo che complementa la posizione di Nonaka, con una visione che spiega meglio l’asse delle ascisse, e che per questo motivo si compone in maniera naturale col discorso di Nonaka. I nomi di riferimento sono Etienne Wenger e jean Lave. Essi hanno lavorato insieme, e osservando le modalità con cui funzionano le varie componenti delle organizzazioni, hanno enfatizzato e analizzato i flussi comunicativi, analizzando e intervistando le persone mentre lavoravano; quindi non si guarda più troppo al contenuto, ma più come questi contenuti si muovono all’interno delle strutture organizzative.

Un’osservazione importante che hanno fatto è che i flussi comunicativi in azienda non seguivano una struttura gerarchica (ruoli, dipartimenti, ecc); nella visione classica di solito c’è un flusso di comunicazione dall’alto verso il basso, con un flusso di ritorno che consentisse un controllo sulle cose fatte (come un ciclo di controllo classico, di feedback). Si pensava che in un’organizzazione, anche avendo tanti flussi, essi seguissero la struttura gerarchica; quindi si controllava che le decisioni venissero attuate (questo era il modello ideale).

Poi andando a vedere come le cose avvenivano davvero, c’erano molti flussi non previsti, non pianificati, molto spesso nascosti, protetti, lungo i quali c’era il massimo contenuto di conoscenza; mentre quelli gerarchici erano di controllo, questi erano incontrollati, naturali, ed erano quelli con cui l’azienda sopravviveva.


L’importanza dei meeting ufficiali si è dimostrata limitata, perché dal punto di vista della conoscenza non ne veniva generata.